L'Opera dei Pupi
L’ Opera dei Pupi è un particolare tipo di teatro delle marionette che si affermò stabilmente nell’Italia meridionale e soprattutto in Sicilia tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. I pupi siciliani si distinguono dalle altre marionette essenzialmente per la loro peculiare meccanica di manovra e per il repertorio, costituito quasi per intero da narrazioni cavalleresche derivate in gran parte da romanzi e poemi del ciclo carolingio.
La fondazione e i teatri popolari
(1921-1973)
Nel 1921 don Gaetano Napoli inaugura in via Cantone a Cibali il Teatro Etna. Da allora e fino al 1973 la famiglia Napoli svolge un’intensa attività nei teatri popolari di quartiere. Si lavora col mestiere storico, i pupi alti m.1,30 e pesanti fino a Kg. 35.
Vengono messe in scena a puntate cicliche serali tutte le storie del repertorio catanese. Le rappresentazioni del ciclo, indirizzate a un pubblico “iniziato”, che già conosce in anticipo personaggi e intrecci, hanno la funzione di una vera e propria “liturgia”, di un rito, nel corso del quale pubblico e pupari riconfermano simbolicamente la cultura del gruppo di appartenenza e ritrovano negli eroi paladini i modelli dei codici di comportamento condivisi a cui uniformarsi. Nel corso di questi anni il mestiere viene continuamente arricchito di pupi, scene e cartelli. Parallelamente, regole e tecniche di messinscena vengono acquisite e affinate, nelle rispettive specializzazioni, dai figli di don Gaetano: Pippo, Rosario e Natale. Questo patrimonio di competenze viene successivamente trasmesso a Fiorenzo, Giuseppe, Salvatore e Gaetano, figli di Natale e Italia Chiesa Napoli. Nel 1931 la Marionettistica dei Fratelli Napoli riceve, ex aequo col puparo Nino Insanguine, il più alto riconoscimento nella Prima Disfida regionale dei Pupi siciliani. Nel 1958, partecipando all’Expo Universale di Bruxelles, i Napoli ottengono il loro primo successo in ambito internazionale.
Tradizione e innovazione
(1973 - oggi)
In questi anni la famiglia Napoli, pur mantenendosi fedele ai codici e alle regole di messinscena della tradizione, lavora per adattare l’Opira catanese alle esigenze di un pubblico nuovo. Infatti, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, il pubblico popolare dell’Opera dei Pupi cominciò a disertare i teatri. Finiva l’epoca delle puntate serali. Bisognava fare breccia in un pubblico non popolare, in persone non “iniziate” che poco sapevano degli intrecci delle storie cavalleresche e che comunque non sarebbero tornate a teatro l’indomani. Le difficoltà di adattamento dello spettacolo dei pupi erano principalmente di due ordini. Bisognava innanzitutto costruire spettacoli che presentassero in una sola sera una vicenda già conclusa, rinunciando alla fruizione ciclica tradizionale, o comunque conservandola solo per rare e particolari occasioni. Poi bisognava “calibrare” i codici tradizionali della messinscena col gusto di un pubblico diverso da quello popolare. Un’altra difficoltà si aggiungeva a queste: diventava sempre meno facile reperire spazi che consentissero ai “pupi grandi” di agire, poiché non era sempre possibile trovare sale adatte a montare il loro palcoscenico e boccascena. Per risolvere il problema e portare i pupi catanesi in ambienti ristretti, come le palestre e i teatrini scolastici, le sale parrocchiali, le sale conferenze di circoli e sodalizi culturali, Natale Napoli, facendo propri i suggerimenti di Nino Amico, escogitò nel 1973 l’idea dei “pupi piccoli” di cm. 80, che, ridotti nelle dimensioni, consentirono alla tradizione catanese di confrontarsi con un numero ben maggiore di pubblici di quanto avrebbero permesso i “pupi grandi”.
I “pupi piccoli” segnarono un vero e proprio “passaggio epocale”: essi, mantenendo assolutamente intatti codici, regole e tecniche della messinscena tradizionale, assicurarono la possibilità di affezionare all’Opira catanese un nuovo pubblico, composto da giovani in età scolare e studenti universitari, professionisti, borghesi, e uomini di cultura.
Nel 1978 i fratelli Napoli ricevono dai Reali d’Olanda il prestigioso Praemium Erasmianum, che “corona persone e istituzioni che per la loro attività hanno arricchito la cultura europea”. La motivazione ufficiale con cui fu assegnato il premio riconosceva ai Napoli il loro impegno nell’adattare le antiche favole cavalleresche della tradizione siciliana alle esigenze e al gusto del pubblico contemporaneo: «Quia secundum priscum morem Siciliae antiquas fabulas populares incorrupte nec tamen sine cura atque respectu spectatorum huius temporis exprimunt.»
Sempre in questi anni, alla morte del padre Natale, Fiorenzo diventa Direttore Artistico della compagnia e i suoi figli Davide, Dario e Marco apprendono anch’essi le regole di mestiere, assicurando la continuità della tradizione catanese dell’Opera dei Pupi.